Da Londra a Gaiarine. Masih Ashraf: il pachistano che poteva essere il Khan del Veneto.

E pensare che anche il Veneto, meno di due anni fa, poteva avere il suo Sadiq Khan. In formato mignon, per carità. Nel senso che Gaiarine, in provincia di Treviso, è un paese da 6.100 anime e non una megalopoli da 8 milioni e mezzo di abitanti come Londra.

La storia però, nelle ore in cui si celebra il fenomeno Khan, merita di essere raccontata. Masih Ashraf è un medico di base pachistano, stesse origini del neo-sindaco della capitale britannica. Con le radici che affondano a Lahore, nel Punjab. Lui arrivò in Italia quando Khan aveva dieci anni, nel 1980. Specializzazione a Bologna, vive da 16 anni nella marca trevigiana. Uno, insomma, che incarna la prima e pure la seconda generazione di immigrati. A differenza di Khan, lui però è di religione cristiana: anche l’essere minoranza (in Pakistan i musulmani rappresentano il 97% della popolazione) è un tratto della sua esistenza.

Masih e KhanLa storia di Masih Ashraf, 58 anni, si compie nel cuore del Veneto leghista e tuttavia non è la storia di un candidato che parla alla pancia della sinistra. A differenza del laburista Khan, il suo campo d’azione si colloca nel centrodestra, visto che tuttora ricopre la carica di coordinatore locale di Forza Italia. A quasi due anni di distanza dal suo essere quasi-Khan, accetta di riparlare di quanto accadde in quella elezione amministrativa del 2014, con una frase scolpibile: “La politica spesso è molto in ritardo rispetto all’opinione pubblica”.

Le cose sono andate così. A febbraio 2014 Masih annuncia la sua candidatura a sindaco con una lista civica a trazione forzista e la cosa non passa inosservata: la stampa locale parla di ‘cambiamento’, ‘rivoluzione’ e di un ‘Obama in formato locale’. Tutto sommato, l’enfasi ci stava. Poi però gli ingranaggi della politica si sono messi in moto: alleanze, mediazioni e accordi hanno fatto sì che la favola si sia inceppata dopo poche pagine. Ed è andata a finire che il centrodestra si sia ritrovato compatto attorno all’imprenditore, sostenuto in primo luogo dalla Lega, Mario Cappellotto: nome e cognome Doc, che non lasciano spazio a molte fantasie su origini e radici.

L’accordo viene “messo per iscritto” ad aprile: se l’indigeno Cappellotto vince, il pachistano Masih diventa assessore. Non sarebbe stato come essere sindaco, ma già la cosa, nel cuore del Veneto leghista, sarebbe stata di un certo effetto. Il 25 maggio 2014 Mario Cappellotto arriva primo alle elezioni e diventa sindaco col 43%, distanziando il secondo di 18 punti. Ma pochi giorni dopo, quell’accordo con Masih diventa carta straccia.

“Mi fu detto che qui certa gente non voleva amministratori di colore diverso. E mi fu detto che alcuni consiglieri di maggioranza, in caso di mio ingresso in giunta, si sarebbero dimessi”.

Eppure lei, che tra l’altro è stato nominato nell’Osservatorio regionale dei flussi migratori ed è delegato regionale del consiglio territoriale per l’immigrazione, non era un volto nuovo a livello politico…

“No, assolutamente. Prima di allora ho fatto il consigliere comunale per 10 anni a Gaiarine. Nel 2004 presi 148 preferenze e nel 2009 raccolsi 192 voti. In realtà, la gente di Gaiarine mi ha sempre rispettato e mi vuole bene: riconosce il mio impegno per questa comunità, soprattutto nell’ambito del sociale. Non a caso avrei dovuto ricevere proprio questa delega. Personalmente mi sento più italiano che pachistano e il mio futuro l’ho sempre visto qui”.

Dunque, come si spiega questo suo sogno svanito? Lei due anni fa disse che ‘L’unica spiegazione alla mia esclusione è quella razziale, non ho ricevuto altra motivazione plausibile, mi sento delegittimato e amareggiato’. La pensa ancora così?
“Non voglio riaprire ferite, ma continuo a ritenermi vittima di questa vicenda. Vittima di un certo modo di fare politica, anche perché ritengo di essere stato determinante nell’elezione dell’attuale sindaco. Non voglio generalizzare: resta il fatto però che la politica, spesso, è molto in ritardo rispetto all’opinione pubblica”.

Cosa ne pensa dell’elezione di Sadiq Khan a sindaco di Londra?
“Non ci vedo nulla di strano. Khan appartiene alla seconda generazione di immigrati e in Inghilterra c’è una società aperta, dove non viene dato un peso determinante al fatto che una persona sia di pelle o provenienza diversa. Penso che la lezione di Khan dimostri questo e lo ritengo un fatto molto positivo. Nel senso che potrà trasformarsi in un messaggio importante anche qui in Italia e potrà aiutare a considerare come normale l’elezione di un sindaco o la nomina di un assessore ‘straniero’.

Lei ci riproverà, tra tre anni, a diventare sindaco di Gaiarine?
“Io penso al benessere di questa terra e continuo ad impegnarmi. Non posso escludere che ci riproverò…”.

La storia, insomma, non è chiusa.

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