Democrazia, partecipazione e web. Nella sfida cupa PD-M5S, il raggio di sole di Diamanti.

“Nell’anno dell’anti-politica, mentre si acuisce il distacco dallo Stato e dai partiti, si assiste a un prepotente ritorno della politica. O meglio: della “partecipazione politica”. Attraverso nuovi “media”. Ma anche attraverso le forme più tradizionali. Internet e la piazza, insieme. A rinforzarsi a vicenda”.
[dropcap type=”1″]I[/dropcap]n chiusura della prima settimana dell’anno nuovo, una delle più oscurantiste nell’eterno braccio di ferro PD-M5S, si apre così la riflessione del politologo Ilvo Diamanti pubblicata oggi da ‘La Repubblica’, a commento del XIX Rapporto “Gli italiani e lo Stato”, curato da Demos.

Si tratta di un’analisi, messa pubblicamente a disposizione di tutti (qui e qui) e dunque prezioso materiale per discutere di democrazia. Cosa che appartiene a tutti e che non deve richiedere patenti di espressione o pensiero, libertà messe duramente sotto attacco in questi giorni. Nella nostra Costituzione c’è tutta quella libertà che, quando viene vissuta nel rispetto altrui, va esercitata fino in fondo. Resistendo ad ogni intimidazione.

Ilvo Diamanti / Foto Acli Da Flickr in CC

Le parole di Diamanti sono un raggio di sole rispetto alla cupa disfida dei due principali contendenti. Sotto il cielo delle due sponde facinorose si è agitato di tutto: le giurie popolari di Grillo contro stampa e tv, l’idea di un’agenzia statale (che sa di Ministero della Verità) contro le bufale web, la trasformazione del dibattito politico in un massacrante duello, non solo tra chi racconta più balle ma anche tra chi è più bravo a colpire col manganello della censura passando per illuminato. Dibattito azzerato, col risultato che ‘se non la pensi come me, vuol dire che racconti bufale, che sei incompetente, ubriacone e chiacchierone da bar. Viva la buonanima di Umberto Eco! Amen’. In questo clima di delegittimazione sempre più crescente, diventa quasi impossibile (tranne che per gli ultrà) credere a qualcuno.

E non è un caso se il Rapporto Demos assegna anche quest’anno ai partiti un indice di fiducia che suona come un Amen: il 6%. Con in più la ciliegina sulla torta di un 48% di italiani convinto che la democrazia può funzionare senza partiti politici.

Diamanti però lancia il suo raggio:

[quote_box name=””]“In questo cielo chiaroscuro c’è una zona di luce interessante e significativa. La partecipazione. Nell’ultimo anno appare cresciuta in modo significativo. In massima misura quella “immediata”, realizzata attraverso la rete e i social-media. Strumento di “democrazia della sorveglianza”. Mentre la partecipazione sociale e il volontariato segnano il passo. Probabilmente, fra queste tendenze c’è una relazione. In quanto le nuove forme di partecipazione hanno, in parte, surrogato e, talora, rimpiazzato la partecipazione sociale e volontaria. Ma si è allargata anche la partecipazione politica “tradizionale”, incentivata, nel corso degli ultimi mesi dalla mobilitazione referendaria. In ogni caso, la “critica democratica” ha allargato le basi della “partecipazione democratica”. Ha spinto i cittadini a interrogarsi sui valori e sui limiti della Costituzione. Sui rischi che corriamo, nel tentativo di correggerla e ridisegnarla. Ma anche su quanto ci costa la resistenza a ogni innovazione. Insomma, nel corso dell’ultimo anno, mi pare sia cresciuto, fra i cittadini, il senso civico e critico. Insieme alla domanda di riforme. Che potrebbe essere assecondata meglio evitando di “politicizzarla”.[/quote_box]

Queste indicazioni, tra le tante che è possibile ricavare dal ricco Rapporto Demos, offrono uno squarcio in positivo.

Due, tra i tanti, i focus che dovrebbero far riflettere i partiti e le loro militanze.
Il primo riguarda la partecipazione e l’impegno: nel 2016 chi ha partecipato a manifestazioni di partito è al 14%, contro il 34-35% di chi ha preso parte ad iniziative collegate ai problemi del loro territorio, del loro quartiere o città, e dell’ambiente. L’annotazione di Diamanti sulla crescita della partecipazione ‘im-mediata’ si traduce invece con queste cifre, riguardanti le ‘nuove forme di partecipazione’. Sale in un anno, dal 14 al 24%, la fetta di italiani che partecipano a discussioni politiche sul web.
E sale (dal 37 al 44%) il numero di chi acquista prodotti in base a motivi di tipo etico, politico o ecologico, oppure di chi (dal 21 al 25%) decide di boicottare un prodotto di una determinata marca.

Il secondo focus riguarda il recente referendum costituzionale.
Se è vero che la sconfitta del SI’ è stata netta, è altrettanto vero che gli italiani desiderano quei cambiamenti di cui proprio il referendum voleva farsi portatore: il 92% dei cittadini è infatti a favore della riduzione dei parlamentari, mentre il 61% chiede il superamento del bicameralismo perfetto Camera-Senato.

Eloquente la spiegazione di Diamanti:

[quote_box name=””]“Evidentemente, è in questione il fondamento della nostra democrazia, visto che i principali attori della rappresentanza, i partiti, non sono solamente sfiduciati, ma vengono ritenuti “corrotti”. Quanto e più che ai tempi di Tangentopoli. Il No al referendum costituzionale, d’altronde, ha avuto – anche – questo significato. Un No al sistema dei partiti. E ai politici che li guidano. In testa: il Premier. La sfiducia diffusa nella società, peraltro, avvolge anche la sfera delle relazioni personali, dei “rapporti con gli altri”. Guardati con prudenza da gran parte dei cittadini. Chissà: ci potrebbero fregare…”.[/quote_box]
Da Flickr in CC / Niccolò Caranti

E’ del tutto logico pensare che la perpetua demonizzazione altrui, che peraltro è stata declinata ampiamente in questi giorni da PD e M5S anche sul terreno della giustizia, del garantismo e del giustizialismo, del ‘salva-Raggi’ contro ‘l’intoccabile De Luca’, non faccia che aumentare a dismisura questo senso di sfiducia.

Una sfiducia che non può essere etichettata, in modo snob e tout court, come qualunquista, bufalara e ignorante. Le riflessioni e i numeri di Ilvo Diamanti, tra le tante cose, aiutano magari a capire che nello spazio tra le due sponde attualmente in guerra esiste una cittadinanza che esprime un interesse costruttivo, un consistente senso critico che è civico e democratico. E non incivile e distruttivo, come proprio le partigianerie politiche fanno attraverso il loro incessante disfare.

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