MAFIA: RIMPIANGO L’ABUSIVO DEL TRONCHETTO, ERA NOSTRANO.

‘…Tu prova ad andare al Tronchetto oggi a Venezia…
A differenza di qualche anno fa, magari avessimo….
C’era addirittura un club allo stadio: ‘Tronchetto abusivo al 100%’.
I famosi abusivi dalle collane d’oro col cappello da comandante….
NON ESISTONO PIÙ!

Adesso ti gà bangla, africani, marocchini… ti gà tutta quella gentaglia: gente che arriva a dirti ‘se non la smetti ti apro la pancia’… Io rimpiango il vecchio: sicuramente l’abusivo del Tronchetto io lo rimpiango, perché almeno era qualcosa di nostrano. Qualcosa che veniva partorito dalla nostra comunità: oggi invece abbiamo ereditato da comunità che noi non conosciamo… e sono così forti che sono riusciti a sostituire la nostra delinquenza… capisci?…’

Se fosse il testo di una intercettazione telefonica relativa a qualche inchiesta sulla mafia, sicuramente non si potrebbe eccepire reato alcuno, ma altrettanto certamente, nel leggere queste parole, qualche brividino a qualcuno di minimamente coscienzioso, verrebbe.

Queste parole sono andate in onda ieri sera, in forma non scritta, nel corso della trasmissione televisiva ‘Focus’, su Reteveneta. Queste parole sono sbocciate dalla bocca di Giovanni Giusto, delegato del sindaco di Venezia con delega alla Tutela delle Tradizioni. Senza dubbio, come tutore delle tradizioni, Giusto ha dimostrato una difesa a tutto campo e non ha lesinato sforzi per difendere persino la mafia lagunare.

Ho sbobinato questa intercettazione televisiva, rintracciabile tra i minuti 37 e 39 di questo video (clicca qui): due-tre minutini nei quali Giusto, di fronte ad un esterrefatto Nicola Pellicani, ha toccato la vetta di un ragionamento che aveva per tema la questione migratoria. La scalata dei minuti precedenti è stata costellata del solito arsenale di sparate ad altezza d’uomo: gli emigranti col telefonino, gli emigranti che spendono 3.000 euro per farsi il viaggio, gli emigranti che rifiutano il cibo…

Poi Giusto sfodera l’inedito che non ti aspetti nemmeno da un leghista doc: pur di dare addosso all’immigrato delinquente (anche se non è delinquente, l’immigrato è sempre più delinquente del mafioso del Tronchetto) difendo quello nostrano.

mafia
Giovanni Giusto durante la trasmissione di Reteveneta

Il tutto con qualche inesattezza.
In primo luogo non è vero che gli abusivi nostrani, dalle catene d’oro e dai cappelli da comandante, non esistono più: anche senza andare al Tronchetto, basta buttare l’occhio alla rotonda nei pressi di San Giuliano per accorgersi che questa tipologia di fuorilegge indigeni è ancora viva e vegeta. Se proprio vogliamo toglierci lo sfizio, basta andare al Tronchetto e girare lungo il perimetro del mega-garage per vedere altri indigeni che non avrebbero sfigurato ai funerali di Vittorio Casamonica. (Leggi il nostro articolo “Funeral Party)

Punto due: in un frangente del predicozzo agiografico sul buon abusivo tronchettaro, Pellicani ha avuto il guizzo di obiettare a Giusto: ‘allora tu rimpiangi la mafia del Tronchetto?’.
La risposta è stata: ‘Io rimpiango il vecchio, sicuramente l’abusivo del Tronchetto io lo rimpiango’. Giusto insomma non ha avuto coraggio di dire che rimpiange la mafia nostrana. Peccato che l’abusivismo sia mafia, peccato che il Tronchetto sia da decenni la capitale della mafia in laguna, epicentro di un sistema di sfruttamento delinquenziale dei flussi turistici capace di produrre un’economia sommersa gigantesca.

E’ mafia. E questa mafia, che è a trazione integrale indigena, Giovanni Giusto ha scelto di difenderla pur di affondare, nell’iconografia più losca possibile, ogni traccia di migrante. E’ vero che nessuno, da decenni, riesce ad estirpare dal Tronchetto e da Venezia, questo sistema mafioso. Ma che da una figura istituzionale giunga addirittura una difesa buonista, un affresco compiacente di questo sistema mafioso, è qualcosa che va oltre ogni infamia.

Le parole di Giovanni Giusto ci consegnano un’intercettazione ambientale di complicità, sicuramente culturale, con questo sistema delinquenziale. Una cosa assolutamente incompatibile con la credibilità dell’amministrazione comunale e con il dovere politico-civico di combattere, contrastare, arginare, uno dei peggiori mali di questa città.

Segui “Dimensione Mendez”, il blog di Stefano Ciancio, autore di questo articolo.

Nota editoriale:
Per un errore la didascalia della fotografia di copertina, con a bordo Giovanni Giusto era citato a bordo della
Serenissima il Sindaco Giorgio Orsoni, che però è stato eletto l’anno successivo. Ci scusiamo con i lettori.

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