Recensione: The Ballad of Buster Scruggs dei Fratelli Coen

Maestri nel dare realismo al non-sense, i Fratelli Coen hanno presentato il loro ultimo lavoro durante la terza giornata del festival. 
The Ballad of Buster Scruggs è una favola della buonanotte sul mito della conquista del west: le pagine si aprono dando spazio al film che è in realtà un’antologia di racconti (in sei episodi). Via via che la narrazione prosegue, le immagini cominciano a prendere sfumature inaspettate: il mood cambia e le storie passano dal comico-grottesco al tragi-comico; come rimarcato dall’attore Tim Blake Nelson si coglie che “non c’era una ricetta, ma istinto unito a linguaggio d’autore”. Le storie sono il risultato di un decennio di lavoro, l’ordine invece è avvenuto in maniera piuttosto naturale, culminando in un escalation di cupezza.
Seppur diverse tutte condividono la più semplice delle verità: la certezza della morte. 

coen
In compagnia del di bianco vestito Buster Scruggs, il pistolero più ricercato del west, l’audience si fa grassissime risate: le prime scene sono esilaranti, leggermente pulp, esteticamente accattivanti. Nei primi minuti troviamo una dichiarazione d’amore alla vecchia produzione di film western ed allo stesso tempo Ethan Coen a riguardo ci dice “Quella che viene percepita come ironia, è in realtà entusiasmo nei confronti dei film del passato che ci hanno ispirato”; Joel Coen aggiunge “Amiamo moltissimo gli spaghetti western. Ma non consideriamo questo film un western; francamente non abbiamo pensato ad un collegamento con film come Il Grinta”.
Ciò che fa la differenza all’interno delle storie è la meticolosità dei Coen, capace di aggiungere profondità ad un mondo che potrebbe apparire esclusivamente comico. Interessante è scoprire che la canzone iniziale è girata in tre location differenti, proprio allo scopo di ottenere quell’effetto “wow” iniziale.
Incredibile la performance di Harry Melling in Meal Ticket (III storia): il giovane attore inglese, noto per il ruolo di Dudley Dursley in Harry Potter, interpreta in quest’occasione il ruolo di un giovane senza braccia e gambe, raconteur e stella di uno spettacolo itinerante .
In The Gal Who Got Rattled (V storia) nei panni del cowboy – che gli stanno alla grande –  incontriamo Bill Heck che racconta: “I film western li ho visti. Volevo fare un film western, non so se sia una cosa tipicamente americana […] Sono molto contento di aver avuto il ruolo del cowboy”. 
E’ chiaro quindi che nel creare la formula per questo film antologico i Fratelli Coen abbiano organizzato le variabili al meglio – sceneggiatura, cast, fotografia, ecc. -: il risultato è pressoché impeccabile.


Per altri articoli di cinema, cliccare qui.

Total
0
Shares
Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *

Prev
Recensione: Roma di Alfonso Cuarón

Recensione: Roma di Alfonso Cuarón

La seconda giornata della 75 edizione della Mostra del Cinema è colorata di

Next
Recensione: Suspiria di Luca Guadagnino

Recensione: Suspiria di Luca Guadagnino

Quando Guadagnino ha annunciato il remake di Suspiria era difficile prevederne

You May Also Like