INTERVISTA CON DANIELE LISI

Abbiamo intervistato Daniele Lisi, autore di “Cluster, New Jersey Counties”, esposto al Festival Fotografia Europea di Reggio Emilia (dove siamo stati e nel sito web internazionale trovate l’articolo e la fotogallery).

Ci vuole presentare il progetto in mostra?

Si tratta di un lavoro elaborato nell’estate del 2012, tra lo stato del New Jersey e la metropoli di New York: un’esplorazione dei grandi agglomerati residenziali a bassa densità che si estendono ad ovest del fiume Hudson. E’ un lavoro diviso in due capitoli.

II primo richiama, in parte, un processo di analisi strutturale dello spazio urbano statunitense scomponendolo nei suoi elementi primari: la casa, la macchina, il giardino, la piscina.

#P58_cluster_serie  Foto: Daniele Lisi
#P58_cluster_serie
Foto: Daniele Lisi

Si tratta di un lavoro “a scala territoriale“, nato con l’intento di documentare non semplicemente lo stato delle cose, ma altresì di enfatizzare tale processo di “figurabilità” strutturale: “producendo immagini che sono altro dal paesaggio o dagli oggetti rappresentati.”

Ci parli del secondo capitolo, lo “spazio vissuto “.
Di che cosa si tratta e dove si trova?
II termine “spazio vissuto” va ricercato nel concetto di “trialettica dello spazio” di Henri Lefebvre. Ho scoperto questo concetto diversi anni fa tramite un saggio inerente alla video ludica sulle città virtuali, in particolare ai videogiochi SimCity e The Sims, usciti alla fine degli anni ’90. Lo spazio vissuto secondo Lefebvre è lo spazio della rappresentazione, uno spazio sociale fatto di esperienza attiva e di immaginazione, lo spazio generato dalla percezione più intima dell’ambiente.

Perché ha scelto la notte per raccontarlo?
Durante le ore notturne questi luoghi mutano il loro aspetto, le geometrie si assottigliano, si perde quella razionalità dello spazio che crea sicurezza nello sguardo e nella vita, le persone rimangono in casa “prigioniere” di uno spazio troppo grande per essere attraversato a piedi. A quell’epoca prendevo l’autobus dal New Jersey per andare a Manhattan, rientrando la sera tardi camminavo verso casa per due km in una fioca penombra. Fu in quel periodo che decisi di fotografare di notte, spostandomi a piedi. La notte genera fascino ma anche inquietudine, é il nostro “incubo” e la nostra quiete allo stesso tempo.

André Corboz, in “Ordine Sparso” riporta: “Christine americana di 10 anni, in giro per Milano e Parigi esclama: “ci sono troppe case!” I parametri europei che per noi definiscono istintivamente il carattere urbano erano stati rifiutati da una bambina di 10 anni cresciuta in una metropoli sparsa, dove gli angoli della strada sono spezzati sistematicamente da stazioni di servizio, le abitazioni isolate confinano con enormi parcheggi e i grattacieli sorgono accanto ai baracchini delle patatine fritte.

Per la bambina la città è per definizione uno spazio disperso.”
E’ essenziale quindi una nuova modalità di lettura per riuscire a comprendere i nuovi agglomerati urbani?

Si, senza dubbio. E’ stimato che nei prossimi decenni più del 70% della popolazione mondiale abiterà in megalopoli. In Cina e in parte dell’Asia sta già accadendo, è essenziale quindi ri-progettare un sistema urbano che sia in grado di rispettare le dinamiche che interagiscono tra spazio e persone. Da Kevin Lynch a Rem Koolhaas il futuro della città consiste nello studiare i movimenti dell’individuo nello spazio e come esso lo percepisce. Quanto al binomio città europea/città americana il fattore culturale e quello geografico sono due elementi caratteristici della struttura di una città.

 #9058_lungofiume_serie Foto: Daniele Lisi
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Foto: Daniele Lisi

Se guardiamo Roma, Ferrara, Milano, Bologna, per citarne alcune, ci rendiamo conto che esiste una sistematicità radicale nella loro configurazione: il sistema della “città storica europea”, dove esiste il “centro storico” il castello, la rocca, la chiesa, la piazza, i palazzi confusi con l’edilizia popolare delimitati da mura circolari romane o medioevali con il centro cittadino all’interno e la periferia all’esterno.

Strutture cittadine molto diverse dalla geografia statunitense dei grandi spazi urbani che portano ad un’ampliamento della città “senza limite” (penso a Los Angeles o Las Vegas) generando una perdita d’identità dell’individuo che vaga nello Sprawl periferico e in-definito della megalopoli.

Nuovi media e fotografia. Quale il suo parere a riguardo?
Credo che la parola fotografia così come la conosciamo oggi avrà vita breve, parlerei quindi di Immagine e conseguentemente di nuovi media. II futuro dell’immagine andrà ricercato nell’archivio sociale dei network e nella realtà virtuale, dal videogioco alla realtà aumentata.

Sono ormai alcuni anni che è curatore della sezione Off del festival di fotografia contemporanea SI Fest di Savignano sul Rubicone.
Come curatore spesso anche di giovani artisti, cosa ci può dire della fotografia contemporanea d’oggi?
La sezione Off di un festival di fotografia é indipendente nel pensiero e nei contenuti, ciò nonostante vista la complessità del panorama artistico e sociale abbiamo deciso di mantenere attivo ad ogni edizione un focus diverso come tema di riflessione sul contemporaneo per “indagare” le problematiche legate alla progettualità del lavoro artistico. II SI Fest Off di Savignano é anche arte visiva, fotografia e performance riunite in un’unico contenitore; sarebbe riduttivo oggi concentrasi unicamente su un unico aspetto dell’immagine. Nell’ultima edizione (2014) abbiamo lavorato sul tema della “Consapevolezza“: prendere coscienza dello spazio e dei rapporti che ci legano ad esso. La risposta degli autori è stata notevole ed è evidente una crescita rispetto alle edizioni passate e un netto cambiamento nella maniera di lavorare.

#3756_lungofiume_serie Foto: Daniele Lisi
#3756_lungofiume_serie
Foto: Daniele Lisi

Ci vuole parlare del progetto in corso “LUNGOFIUME luogo d’anime”?
“LUNGOFIUME luogo d’anime” e un progetto di ricerca nei territori della Valle del frame Marecchia (Rimini).
Si tratta di un work in progress iniziato nel 2013 e attualmente in corso che mi vede coinvolto assieme ad altri due fotografi Piero Delucca e Flavio Marchetti per indagare dalla fonte alla foce il percorso del fiume e la sua valle. II fine del progetto, non è quello di riprendere le peculiarità di un territorio, la Valmarecchia, di coglierne gli aspetti più suggestivi o caratterizzanti, ma piuttosto quello di trovare il coraggio di collocarsi ai margini del paesaggio. Nell’estate del 2014 abbiamo pubblicato un “concept album”, che presentava un’estratto del progetto integrale in vista della pubblicazione definitiva attualmente in lavorazione.

Che posto (vicino/lontano) lo attira e le piacerebbe indagare?
Istintivamente direi un posto lontano, ma più mi guardo intorno più immagino posti vicini.

Qualche progetto per il futuro?
Recentemente assieme al gruppo di lavoro Silverbook di cui faccio parte stiamo lavorando ad una serie di pubblicazioni digitali e ad un piano di lavoro più ampio per il progetto LUNGOFIUME, grazie anche al contributo di enti pubblici, associazioni e musei presenti sulla valle.

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