Mondiali di Skate a Roma

Testo di Andrea Santoro, Editor a Roma
Foto di Beatrice Chima

Scipione: così hanno chiamato la rovente botta di caldo che si è abbattuta sull’Italia la settimana scorsa. Dicono ci fosse un caldo brutale, niente di nuovo, quindi probabilmente al tg avranno rispolverato il glorioso servizio sull’afa prodotto dall’istituto luce, mentre io mi limitavo a restare dietro la tapparella chiusa fino a sera; sabato scorso però tutto stava per cambiare: avevo deciso di andare a Ostia per i mondiali di skate, una giornata di sole/mare/topless/esplosioni di nasi su rampe, immaginavo.
Quella mattina la mia testa era lievemente distratta dai litri di birra fredda della sera prima, la sensazione era simile al sentire un sottile strato di cellophane che avvolge il cervello. Anche qui nulla di nuovo, ma i 45 gradi all’ombra in terrazza hanno subito reagito con la pellicola, facendo della mia testa una piccola serra. Dopo aver avvisato la ragazza che mi aveva informato dell’evento e che mi ha poi passato le foto (che vedete qui sotto) del fatto che non sarei andato, ho deciso di ritirarmi per un altro paio di ore nel mio fresco sarcofago. Erano circa le 12.
Rialzatomi sulle 14, fui assalito dai classici dubbi della rinuncia: forse sarei dovuto andare, magari la situazione era una bomba, sono sempre sul divano dietro al pc, magari avrei conosciuto della gente nuova…
Alla fine decisi di restare immobile e tenere un diario dei mondiali di skate visti dal mio divano, paragonandoli poi al racconto che me ne ha fatto Beatrice mentre mi passava le foto.
Eccone il risultato, ora per ora.

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Bea si trova alla stazione Piramide con degli amici e partono alla volta di Ostia, condizionatore spinto oltre i livelli previsti dal protocollo di kyoto e occhiale da sole obbligatorio.
Io nel frattempo estraggo con estrema cura il caffè precedentemente riposto nel freezer, mi siedo sul divano, accendo il pc e fumo la prima. Leggo qualcosa.

h16 Beatrice è al the spot di Ostia, saggiamente decide di contrastare i 36 gradi all’ombra con la freschezza di una birra che di gradi ne ha solo 9, mentre sulla rampa iniziano ad esplodere i primi skater dopo un volo di circa sei metri.
Questo forse avrebbe meritato il viaggio e la sfida a Scipione (fantasia incommensurabile dei meteorologi e dedizione nella ricerca del nome), ma intanto ho trovato il telecomando del condizionatore ed una nuova posizione comodissima sul divano che non ho mai scoperto prima di quel momento. Decido che comunque avrei sfidato “l’africano”, il cane doveva uscire.
Una volta sotto il sole ricordo perfettamente perché ho deciso di restare a casa.
Tornato sul divano mi dedico a una mezzora buona di meditazione di fronte ai risultati delle parole chiave -film completo- su youtube, per poi cliccare sul discreto fascino della borghesia, Bunuel.

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Al the spot è il momento di Andy Macdonald: arriva, droppa sulla rampa dove prima si sono infranti i sogni di gloria e le scatole craniche di decine di persone, fa una decina di trick inarrivabili facendoli sembrare la classica passeggiata che fa ogni mattina, in pratica umilia un po’ tutti e se ne va dopo una decina di minuti. Io nel frattempo interrompo un momento la visione del film per googlare -rimedi alle piaghe da decubito- e ne fumo un’altra, preceduta da un’altra e un’altra ancora, oltre a due caffè. Proseguo la visione del film che fino a quel momento mi aspettavo fosse super ricercato e chissà dove avrebbe portato.

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Bea dice di essersi più o meno acclimatata, essendo ormai la sua temperatura interna di quaranta gradi, esattamente come all’esterno. Sono finite le selezioni, i mondiali stanno per concludersi e fino a quel momento non mi è stato riferito di alcun topless o infortunio significativo: tutto molto sobrio, sembra, anche le persone. Molto strano.
Davanti al mio divano invece ne succedono di tutti i colori e in alta definizione, ma dopo la fine del film una sola domanda impegna di cinque minuti in cinque minuti la mia memoria di pesce rosso: cosa avrà voluto dimostrare Bunuel?
Passo la successiva mezzora così, di cinque minuti in cinque minuti.
Per un attimo scordo le piaghe da decubito.

h19 A Ostia sale sul palco Tormento, per consentire anche a lui di vivere l’emozione di stare in equilibrio su delle tavole di legno instabili montano il palco direttamente sul tetto del pulmino di uno degli sponsor. Bea prova ad arrampicarcisi per scattare, ci riesce ma subito viene avvicinata da un barile di birra dall’accento vagamente yankee che abbracciandola biascica qualcosa che la convince a tornare sotto il palco.
Finalmente la temperatura si abbassa lievemente e questa è probabilmente la parte della giornata che mi dispiace di più aver mancato: ogni velleità sportiva viene accantonata per godere appieno del vespro sul tirreno con un mojito in mano e gli odiati infradito ai piedi. Dal divano nessuna novità rilevante, un ripasso ai social network, uno sguardo ai quotidiani e un pensiero veloce al decubito.
E’ ora di alzarsi, credo scenderò a trastevere per un paio di birre, direi che la temperatura è perfetta, dopo sei ore di condizionatore.

h20 A Ostia premiano chi di dovere e l’evento chiude i battenti. Bea si prepara per un comodissimo viaggio di ritorno in macchina, sempre all’insegna dello sport. Io nel frattempo sono sceso a trastevere ma tutto sommato mi sento confuso, non capisco se i mondiali di skate visti dal divano mi sono piaciuti o meno.
Forse una birra potrebbe rinfrescarmi le idee.

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