[dropcap]L[/dropcap]e parole violentissime, a volto truce, che Vincenzo De Luca ha pronunciato in un fuori onda della trasmissione Matrix, sparandole addosso alla presidente della Commissione Antimafia, sono il simbolo di un’arroganza di stampo mafioso che in nulla può rappresentare le istituzioni democratiche e il Partito Democratico nel quale il presidente della Regione Campania milita.
Sono parole di fronte alle quali non è sufficiente l’ovvia presa di distanze da parte dei vertici del PD o gli inviti a chiedere scusa, a darsi una calmata e a non imitare Crozza (così, testuale, il presidente del Senato, Pietro Grasso). La difesa di De Luca, che dopo la delinquenza politica della Bindi parla di ‘ennesimo atto di delinquenza giornalistica: l’intervista era finita, stavamo commentando un video’, non può ridimensionare da sola il fatto. Serve molto di più. Serve, servirebbe un addio definitivo, capace di segnare una rottura netta e di allontanare ogni sospetto di collusione con i comportamenti di De Luca.
L’episodio di oggi, peraltro l’ultimo di una serie non sicuramente edificante per l’esponente campano, si aggiunge come un macigno ai nervosismi della campagna referendaria e non fa di certo bene a Matteo Renzi e ai suoi. Impegnati (tra tour, annunci e promesse che messe assieme potrebbero apparire schizofreniche) a recuperare un risultato che continua ad essere lontano ma del tutto possibile nel momento in cui riuscissero a portare alle urne soprattutto la fetta più allergica al voto.
Far rimanere De Luca al proprio posto, sotto le insegne del PD, rischia di diventare un nuovo facile pungiball a servizio degli avversari, M5S in primis, con i quali rimane sempre aperta e feroce la questione morale. Tutto sommato, De Luca è l’esatta incarnazione di quello che Renzi dice a parole di voler rottamare: una politica vecchia. Dal sapore clientelare, strafottente, ambigua. Impresentabile.
E pensare che Rosy Bindi, a sua volta messa in cima ad un’altra lista, quella dei politici da rottamare, è stata l’unica ad ingaggiare davvero uno scontro frontale con l’impresentabile De Luca, per una politica trasparente. Cosa che Renzi non ha fatto, osando anzi discutibili siparietti con lo stesso impresentabile.
Adesso, per il premier e segretario PD, l’occasione c’è. L’occasione per un fuori-fuori, che nulla ha a che vedere con le durissime ma pur sempre civili schermaglie interne, ci sarebbe. E sarebbe l’unico fuori-fuori che probabilmente metterebbe d’accordo un intero partito e un intero elettorato, attualmente dilaniati dalla battaglia del referendum.
Ma pretendere tutto questo, nel pieno della corsa verso il 4 dicembre, sarebbe tanto. Forse troppo.