Burri e Scianna alla casa dei Tre Oci a Venezia

Ci sono tre occhi che guardano Venezia da un’altra prospettiva, da un altro punto di vist: sono le tre finestre ogivali del palazzo neogotico “TRE OCI”, situato sull’isola della Giudecca. Come tre occhi, catturano la luce di quell’acquario di vetro e di pietra che è Venezia e la riversano all’interno delle stanze che ospitano gli scatti di due grandi maestri della storia della fotografia: RENE’ BURRI e FERDINANDO SCIANNA.

RENE’ BURRI, UTOPIA
FERDINANDO SCIANNA, IL GHETTO DI VENEZIA 500 ANNI DOPO

[dropcap type=”1″]I[/dropcap] due progetti espositivi si snodano in maniera autonoma, ma coerente, lungo un percorso ascensionale che trova il suo inizio nelle fotografie di Renè Burri con le sue Utopie e il suo viaggio attraverso i grandi processi di trasformazione politica, sociale e culturale.

Sao Paulo, Brazil, 1960 © René Burri / Magnum Photos
Sao Paulo, Brazil,
1960 © René Burri / Magnum Photos

Processi che si articolano anche attraverso le architetture e gli architetti della storia, ritratti anch’essi con la stessa solidità delle cattedrali e dei palazzi da loro progettati. Il percorso espositivo si conclude all’ultimo piano, con gli scatti di Ferdinando Scianna che, attraverso la dimensione contemporanea del ghetto di Venezia, ne omaggia i cinquecento anni dalla nascita.

Questi due grandi maestri, entrambi membri della prestigiosa agenzia fotografica Magnum Photos, attraverso la loro particolarissima visone del mondo, rivelano quello che è l’affascinante potere dell’obbiettivo fotografico,del “ terzo occhio”, ovvero il saper vedere oltre la superficiale prima impressione e trascriverlo visivamente.

Maarad Street. Beirut, Lebanon, 1991 © René Burri / Magnum Photos
Maarad Street. Beirut, Lebanon, 1991 © René Burri / Magnum Photos

Intraprendendo il percorso espositivo, al piano terra, il visitatore viene accolto dagli scatti di Renè Burri che testimoniano la sua passione per i viaggi, per la storia, per il mondo. I luoghi si rivelano, si mostrano nella loro essenza, nella loro contemporaneità, attraverso attente composizioni, attraverso gli sguardi pronti, veloci; perché “ le fotografie sono come i taxi nell’ora di punta – se non sei veloce abbastanza, qualcun altro arriverà prima di te”.

Dopo i luoghi, è il momento degli spazi, quelli “costruiti”. Le architetture e gli architetti più grandi del XX secolo introducono il tema dell’abitare; I ritratti in bianco e nero di Oscar Niemeyer, di Tadao Ando, Luis Barragan (e non solo) dimostrano che il costruire è un atto di profondo ottimismo e Le Corbusier, al di là dei suoi occhialetti neri, razionale e concentrato, ci dimostra che l’architettura deve avere ragione, sempre.

Il tema dell’abitare continua nell’ultimo piano, ma qui, viene discretamente affiancato da un altro concetto, profondo come le radici di un popolo e struggente come la perdita di esse: l’Heimat. Questa parola di origine tedesca, rappresenta un’entità imprescindibile e, limitandoci al contenuto psicologico positivo del termine, significa sicurezza.

[quote_colored name=”” icon_quote=”no”]Heimat è il paese dell’infanzia, della giovinezza. E’ il senso di appartenenza ad un luogo, ad una cultura, ad una tradizione.[/quote_colored]

Signore vestite a festa per Shabbat / © Ferdinando Scianna / Magnum Photos
Signore vestite a festa per Shabbat / © Ferdinando Scianna / Magnum Photos

La complessità di questi temi e la densità della storia vengono delicatamente catturate e mostrate nel reportage fotografico che Ferdinando Scianna dedica al ghetto di Venezia cinquecento anni dopo. Sono scatti suggestivi di luoghi che sempre raccontano storie, a volte lunghe secoli, altre brevi come un istante.

Tra gli spazi del ghetto, contemporaneità e passato si guardano e intraprendono un dialogo sofferto, ma rispettoso di ciò che è stato e di ciò che è. Ferdinando Scianna, attraversa quei luoghi con umiltà; come un funambolo in equilibrio su una corda tesa, ci mostra la sua veduta della Kosher House – il giardino dei melograni-, ci accompagna lungo le calli e noi possiamo assaporarne il “ sapore visivo”.

Il tema religioso, affascinante, prepotente, complesso, affiora dagli spazi vuoti che dovrebbero contenere la Torah e in un altro scatto, “ meditazioni notturne”, sembrano invocare una smisurata preghiera.
E’ la realtà miracolosa che si rivela.

E’ un racconto in cui il mistero sta nel visibile.
E’ l’enigma della fotografia, che tutto mostra e nulla rivela.

Cena di Shabbat nella sede del gruppo Chabad-Lubavitch / Shabbat supper at the seat of the Chabad-Lubavitch movement © Ferdinando Scianna / Magnum Photos
Cena di Shabbat nella sede del gruppo Chabad-Lubavitch / Shabbat supper at the seat of the Chabad-Lubavitch movement
© Ferdinando Scianna / Magnum Photos

RENÈ BURRI

UTOPIA

FERDINANDO SCIANNA

IL GHETTO DI VENEZIA 500 ANNI DOPO

TRE OCI/VENEZIA

26.08.2016>08.01.2017

Partecipanti alla cerimonia di Shabbat della Comunità Chabad-Lubavitch verso la cena sabbatica / © Ferdinando Scianna / Magnum Photos Tre pietre d’inciampo. Così vengono chiamate delle mattonelle in ottone che si incontrano davanti all’ultima residenza nota dei deportati. Nella pavimentazione del Ghetto sono incise memorie dei terribili destini delle persone che rastrellate dai nazisti nella Seconda guerra mondiale conclusero la loro tragica vita nei forni del campo di sterminio di Auschwitz / Three stolpersteins or “stumbling stones.” This is the name given to the brass plates located in front of the lastknown residence of deportees. Set in the paving of the Ghetto, they commemorate the terrible fate met by the people who were rounded up by the Nazis during the Second World War and who ended their tragic lives in the gas chambers of the Auschwitz death camp © Ferdinando Scianna / Magnum Photos 10. Signore vestite a festa per Shabbat / Women dressed up for Shabbat © Ferdinando Scianna / Magnum Photos
Partecipanti alla cerimonia di Shabbat della Comunità Chabad-Lubavitch verso la cena sabbatica / © Ferdinando Scianna / Magnum Photos

 

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