Val di Susa

Reportage dall’archivio di Positive Magazine International

Foto di Nicola Tacchia

Testo di Nicolò Vian


1. A street in the center of Bussoleno. (Val di Susa)


2. Testimonial of the excessive use of CS gas. Photo taken in a shop window in the center of Bussoleno. (Val di Susa)

“Questa valle rappresenta l’Italia. Qui lo spreco del denaro pubblico e il distacco incolmabile tra politica ed elettori sono problemi che si riscontrano ogni giorno. Per questo ti dico che la Valle di Susa è l’immagine dell’ Italia.” Sono le parole di Franco. Riassumono lo stato d’animo che gli abitanti della Val di Susa sono costretti a vivere da quando è iniziato il cantiere per il Treno ad alta velocità, più comunemente chiamato Tav.

Franco è contro la realizzazione della tratta ferroviaria Torino-Lione da quando aveva quarantasei anni, praticamente da quanto il progetto del Tav era solo una proposta cartacea.
Ora ne ha cinquantasette e, avendo vissuto tutte le fasi della lotta NoTav, definisce quella attuale “la più complicata” perchè ci si trova a doversi confrontare con un potere politico “sordo e miope”.
“Non gli è rimasto altro modo che dipingerci per quello che non siamo” continua. “I mezzi di informazione ci descrivono con soli aggettivi denigratori ormai, ci dicono: ‘violenti’, ‘anarchici’, ‘disobbedienti’. Ma si dimenticano sempre di dire una cosa fondamentale. Dimenticano che noi abitiamo qui e che questo territorio ci appartiene da troppe generazioni per permettergli (a chi vuole questa opera,) violentarlo con il nostro consenso”.

“Chi non abita qui, in realtà, difficilmente riesce a capire cosa accade in questa valle. E’ il palcoscenico dell’affare politico e clientelare italiano. Meno si sà, meglio è”.
Franco vive a Giaglione, un paese in provincia di Torino, a pochi passi dal confine con la Francia. La “sua” Giaglione conta solo 653 abitanti. La vita, in quel paesino delle alpi, è incentrata sulla tranquillità della vita di montagna e regolata dall’orologio naturale che ne cadenza le coltivazioni e la raccolta del buon vino Valsusino. Da qui partono molte delle “camminate di protesta” che vengono organizzate dai comitati contrari alla realizzazione dell’opera. “Partono da qui e arrivano fino alla Baita Clarea” mi indica Franco. “Se vuoi saperne di più, ti consiglio di andarci”.

La baita Clarea era un presidio NoTav prima che venisse inghiottita dalle barriere che delimitano il cantiere, rendendola di conseguenza inaccessibile. Il presidio però è rimasto, è stato spostato una decina di metri più lontano e continua ad essere frequentato dai numerosi gruppi contrari alla realizzazione del Tav.Tra tutti, uno dei più assidui frequentatori del presidio è il gruppo dei cattolici. Quotidianamente si recano al presidio per pregare al vicino capitello votivo, anch’esso sequestrato all’interno del cantiere.

Gabriella, un’appartenente del gruppo, ogni giorno porta un fiore e, non potendo raggiungere il capitello, lo lascia sulla recinzione.
E’ una donna forte. La vedo discutere con gli agenti. E’ ammirabile la pazienza e la volontà con cui cerca di parlare a persone che non possono o non vogliono ascoltarla. Ma non si da per vinta.
Mi racconta poi come si “muove” il cantiere. “ Funziona tutto in maniera un pò abusiva. Prendono i new-jersey (barriere di cemento armato n.d.r.) e li spostano di trenta o quaranta metri senza dire nulla o informare i proprietari. Magari, per spostarli, passano sopra le coltivazioni. Magari li mettono proprio sopra le coltivazioni. Dopo qualche mese arriva l’indennizzo per l’occupazione. Un centinaio di euro se si è fortunati. Ad un mio amico, per cinquecento metri quadrati, hanno riconosciuto settanta euro. Una presa in giro”.

Gabriella mi saluta tranquillizzandomi riguardo al futuro. “Questa porcata non si farà, i Santi ci ascolteranno e ci aiuteranno. Se vuoi, puoi già scriverlo”.
A pochi metri dal cantiere, sull’uscio di una porta aperta, trovo Remo. E’ un signore, anche lui sulla sessantina. Mi invita ad entrare nella sua casa per scambiare due chiacchere e bere del vino. Mi racconta che è nato a Roma e che è arrivato in Val di Susa nel lontano settantasette, quando cominciò a lavorare come macchinista. ”Io queste linee le conosco” mi conferma. “Ventʼanni fa quella linea lì – e mi indica la linea ferroviaria già esistente (del Frejus n.d.r) – era percorsa da un treno dietro lʼaltro e le statali erano intasate dai camion. In quegli anni le linee di comunicazione e di trasporto erano vicine alla saturazione e il Tav poteva essere ritenuto opportuno. Ma ora? Ora il commercio è entrato in crisi e le necessità di trasportare le merci si sono drasticamente ridotte. Infatti, sulla tratta del Frejus, passa un treno ogni tanto, solo per non dare l’opportunità di poter dire che è una linea sotto-utilizzata”. Mi spiega poi che parte della popolazione valsusina è favorevole alla costruzione, solo perchè spera che questo cantiere porti lavoro a loro e ai loro figli. “Sarà molto difficile che usufruiscano della manovalanza del posto” prevede però Remo. “Le aziende che costruiscono il Tav hanno bisogno di personale specializzato che, per ragioni di opportunità e di convenienza, si portano da fuori”.

Remo poi generalizza. Mi spiega che per lui il problema fondamentale della “vicenda Tav” è che il popolo non è abbastanza informato e non è, quindi, in grado di schierarsi da una parte o dall’altra e decidere se questa “galleria” debba essere fatta. Mancanza di informazione, forse anche di interesse. “I giovani si limitano, sempre più, ad una vita di superficialità. Di iPad, iPod, cazzatine, senza capire che è un momento difficile dove bisogna rimboccarsi le maniche e partecipare attivamente alle scelte politiche. Altrimenti chissà dove andremo a finire con questa classe dirigente”.
Il rischio che questa costruzione venga realizzata sotto la pressione di interessi lobbistici, che la portino ad essere sotto-utilizzata per lungo tempo, in realtà è reale. Questa problematica può trasformare un’opera da necessaria, quale poteva essere negli anni ottanta, ad un mostro che inghiotte al suo interno non solo baite, capitelli, alberi e coltivazioni, ma anche denaro pubblico che potrebbe essere utilizzato in settori più meritevoli di attenzione.

Al contrario di Gabriella, io non credo che saranno i Santi a decidere sul da farsi dell’opera. Credo, piuttosto, che sia compito dell’intera collettività prendersi carico di tale decisione, eliminando eventuali influenze non affini all’interesse generale. Solo così si potranno raggiungere decisioni condivise nelle materie di fondamentale importanza per il Paese.


3. Franco, on a bench in Giaglione in the Turin province. (Val di Susa)


4. Demonstrators during a “protest walk” headed to the Baita Clarea. (Val di Susa)


5. The Baita Clarea – an ex NoTav garrison – is now included in the site and unobtainable by activists. (Val di Susa)


6. The site seen from Val Clarea. (Val di Susa)


7. A member of the NoTav catholic group showing a piece of barbed wire used to “secure” the site. Commonly named “concertina” for its effects, it is produced in Israel. It is generally used in war territories (Val di Susa)


8. Some of the No Tav Catholic movement members. In the center Gabriella, preparing an afternoon snack. (Val di Susa)


9. At the garrison, discussing on the further rise of the costs necessary for the realization of the Lion-Turin railway. (Val di Susa)


10. The Catholic group leaving some flowers near the capital, inaccessible being in the perimeter of the site. (Val di Susa)


11. The new No Tav garrison, since the Baita Clarea has been “distrained” in the site.


12. The permanent garrison of the armed forces in the site. The State Police National labor union reported that the “site defense” costs 90.000 € on average every day. (Val di Susa)


13. Remo, explaining his point of view. (Val di Susa)


14. A moment in the No Tav pacific protest. Demonstrators made their presence known by beating some stones on the site fence. (Val di Susa)


15. A moment in the No Tav pacific protest, where even the younger ones can express their ideas. (Val di Susa)


16. A tense moment at the No Tav garrison in Val Clarea. Police use hydrants to scatter the crowd and push them away from the site access gates. (Val Di Susa)


17. A NoTav activist shows CS gas. Inhabitants report an excessive use of CS gas, harmful both for people and cultivations. (Val di Susa)

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