#venezia73 On the milky road: intervista con Monica Bellucci

Abbiamo incontrato Monica Bellucci nel lounge degli attori sul lungomare Gabriele d’Annunzio al Lido di Venezia, mise-en-scène di un tempo che fu, che continua in qualche modo ad esistere e a destare curiosità, grazie ai dibattiti che avvengono tra i critici e i protagonisti della scena cinematografica internazionale.

Al bar locale invece, alcune ragazze commentano in modo dispregiativo la Bellucci, secondo loro “vecchia” e “ finita”, quindi incapace di performance attoriali credibili. Quando d’un tratto Monica si presenta all’appuntamento, comprendo che certi tipi di commenti rimangono appunto al bar.

Abbiamo parlato del suo ultimo film di Emir Kusturica “On the Milky Road” presentato alla 73esima edizione del Festival del Cinema di Venezia.

Emir ti ha scelto per questa interpretazione molto particolare, protagonista di un amore sia maturo che innocente, rappresentato in modo che i canonici vincoli relativi al contesto e all’età risultassero travalicati.
Emir mi ha fatto a tutti gli effetti un vero e proprio “cadeau” costruendo un personaggio a trecentosessanta gradi, una donna molto forte, dolce e materna ma anche pronta ad agire, inserita in un contesto di desolazione e distruzione quale la guerra dei Balcani. Nonostante la violenza sia onnipresente i due personaggi, non più giovani e ormai abituati alle intemperie della vita, costruiscono il loro microcosmo, come se fosse un sogno, attraverso l’amore. Il messaggio del film stesso mi rincuora: l’amore e la sensualità dipendono esclusivamente dall’energia coinvolta, non dall’età.

Da un dialogo del film si evince che la bellezza è una lama a doppio taglio poiché capace di rivelare i lati oscuri delle persone. Cosa pensi al riguardo?
Il dialogo è stato scritto da Emir. Io credo che la bellezza sia un dono di cui dobbiamo nutrirci e servirci e con ciò non mi riferisco necessariamente alla bellezza del corpo. La bellezza è un mezzo utile per resistere alla vita che può essere dura in certi frangenti e incredibile in altri.

L’ottima performance di Sloboda Micalovic, interprete dell’altro personaggio femminile pre- sente nel film, è molto interessante anche in relazione al tuo personaggio. Inizialmente vi avevo addirittura scambiato.  Cosa ne pensi?
La performance di Sloboda Micalovic è magistrale.
Attraverso il suo personaggio e la sua famiglia ho percepito tutta la pazzia della guerra dove per sopravvivere è necessario distaccarsi da essa, entrando in un altro livello energetico. Milena conosce la guerra, conosce la sofferenza, conosce la morte.

Riesce a resistere a tutto ciò grazie al suo essere giovane e istintiva. Il mio personaggio è invece più maturo, dotato di una calma interiore sudata attraverso le diverse fasi della vita.  Anche lei conosce la sofferenza e la morte, ma ogni azione è più ponderata e a suo modo resiste grazie all’esperienza e all’amore.

 Durante il tuo lungo percorso è cambiata la tua attitudine lavorativa? Cosa ti stimola quando ti trovi di fronte ad una nuova proposta di film?
Mi devo sentire viva, questa è la cosa più importante. Ciò implica anche una certa dose di spavento, stress o addirittura perdizione in certi momenti. Non credo quindi che la mia attitudine sia cambiata particolarmente nel corso degli anni.

Hai lavorato finora con molti registi di calibro internazionale, tra cui ricordiamo Francis Ford Coppola, Sam Mendes, Gaspar Noè, David Lynch con il nuovo Twin Peaks e appunto Kusturica. Come è stato in particolare lavorare con quest’ultimo?
Lavorare con Emir è stata una grande avventura. Durante i quattro anni di riprese sono successe tantissime cose. Ho addirittura imparato un po’ di serbo. Il processo stesso di dare vita a un personaggio femminile così complesso è stato molto gratificante e stimolante. Emir è un grande artista, scrittore e musicista, molto deciso e con idee chiare, ma capace di ascoltare tutti. E’ questa la sua grandezza.

Articolo di Alexander Darkish
Fotografie di Alessio Costantino
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